Settimana della Cultura Scientifica e Tecnologica

Settimana della Cultura Scientifica e Tecnologica

Liceo Scientifico Vitruvio Pollione – Avezzano

Conferenza “Terremoti in Appennino: storie e caratteristiche sismiche del nostro territorio”

Per dare inizio alle attività della diciassettesima edizione della Settimana della Cultura Scientifica e Tecnologica del nostro Liceo, alcune classi sono state impegnate nella conferenza “Terremoti in Appennino: storie e caratteristiche sismiche del nostro territorio” tenuta dal professore Antonio Moretti.

Il professore, prima di parlare della tematica centrale, ha ripercorso l’evoluzione delle conoscenze sul nostro pianeta. Inizialmente l’interno della Terra era sconosciuto: si pensava che dentro fosse puro fuoco, un fuoco che avrebbe ricordato indubbiamente l’Inferno di Dante. Nel XVI secolo si inizia a fare chiarezza e nel 1596 il geografo olandese Abraham Orthelius nota la straordinaria corrispondenza di forma tra le opposte coste dell’Oceano Atlantico. Nel Thesaurus Geographicus suggerisce che: “le Americhe sono state strappate via dall’Africa e dall’Europa da terremoti ed inondazioni”.

Nel 1858 Antonio Pellegrini-Snider, geografo olandese, disegna la prima carta palinspastica nella storia delle Scienze della Terra e ci mostra come era il nostro pianeta milioni di anni fa. Alfred Wegner formula la teoria della deriva dei continenti, per la quale esisteva un unico grande continente, detto Pangea, e circondato dalla Pantalassa, un unico grande oceano. Secondo questa teoria la Pangea cominciò a smembrarsi a causa di forze che avrebbero indicato la posizione attuale dei continenti. Una teoria che poneva le basi su delle prove geomorfologiche, paleontologiche e paleoclimatiche: le sponde dell’Africa e dell’America del Sud si potrebbero incastrare come pezzi di un unico puzzle; la presenza di rocce, fossili e resti animali sulle due sponde dell’Oceano Atlantico; depositi glaciali in zone attualmente tropicali.

Tale teoria però non spiegava quali fossero le forze che hanno provocato la rottura dei continenti. Così, ha spiegato il professore, dopo la seconda guerra mondiale, lo studio delle onde provocate dalle bombe nucleari, che si propagarono per tutto il mondo, permise di comprendere la struttura interna della Terra. E’ costituita da superfici di discontinuità (le quali vanno a rifrangere e riflettere le onde) che dividono in strati il nostro pianeta: quello superficiale della crosta rigida, chiamato litosfera e uno strato meno rigido chiamato astenosfera, cioè il mantello,  il quale è duttile, plastico e ha la capacità di deformarsi molto lentamente (si verificano in questa zona i movimenti di materiale). Con tali informazioni  il professore ha spiegato che si andò poi ad affermare che i continenti, essendo formati da rocce leggere, galleggiano sulla superficie del pianeta e vengono trasportati da questi movimenti convettivi (teoria della tettonica delle placche). Anche l’esplorazione dei fondali oceanici ha permesso di studiarne le rocce e i sedimenti, depositati da strutture vulcaniche, che sono assai più giovani rispetto a quelli presenti sulla crosta continentale. Le rocce che sono più vicine alle coste sono antiche e di tipo basaltico, perciò più pesanti. Per questo motivo tali rocce sono costrette a sprofondare liberando energia potenziale gravitazionale la quale è la causa del movimento superficiale della Terra. Quindi i continenti essendo leggeri vengono spinti dall’espansione delle zone oceaniche. In questo modo si spiegano le forze che hanno provocato la rottura della Pangea. Nella divisione di quest’ultima si creò tra i due blocchi, America del sud-Africa e nord Eurasia, un oceano chiamato Tetide.

Spostandoci in Italia, il professore ha esaminato la questione del Mar Ionio, che è il residuo dell’antico oceano Tetide in cui sono presenti sedimenti spinti dalla Calabria in continuo movimento (mentre il mare sprofonda, questo lascia spazio alla Calabria). Anche lo stesso Mar Tirreno, grazie ai suoi sedimenti ci fa dedurre che non sia più antico di 7 milioni di anni. Inoltre è in continua espansione perché nei fondali ci sono continui moti convettivi che permettono la fuoriuscita di materiali provenienti dal mantello. L’avanzamento quindi del mare ha provocato l’innalzamento degli appennini. Le diverse masse rocciose si sono accavallate, e tale movimento provoca tuttora terremoti nelle zone di attrito tra i due blocchi.

Per capire la ricorrenza dei terremoti, che sono delle rotture che liberano energia elastica e possono scorrere lateralmente o verticalmente, il professore ci ha mostrato che bisogna osservare il territorio. Ad esempio, attraverso lo studio dei licheni si può capire quando si sono susseguiti i vari sismi, oppure facendo riferimento alla storia del luogo, come con la testimonianza del 1703 del terremoto ad Arischia.

Attraverso una spiegazione esaustiva il professore, usando un linguaggio fluido e semplice, è stato in grado di mantenere alto l’interesse di noi ragazzi. Inoltre con la sua riflessione finale, usando la citazione di Galileo Galilei, ci ha rammentato di non affidarci all’opinione popolare, che la maggior parte delle volte è supportata da “chiacchiere”, ma di basarci su fatti e osservazioni scientifiche fondate su uno studio approfondito.

Quindi impariamo a pensare e riflettere ognuno con la propria testa senza farci influenzare dall’opinione di massa.

Carlotta D’Agostino e Maria Mosca, 5°B

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